Di Alberto Ierardi, Luca Oldani e Giorgio Vierda
Con Alberto Ierardi e Giorgio Vierda
Tecnica e Luci Alice Mollica
Costumi Chiara Fontanella
Produzione La Ribalta Teatro
Con il sostegno di Officine Papage e Teatrino dei Fondi
Stando a ciò che scriveva Feuerbach nel 1862, l’uomo è ciò che mangia. Se così fosse, oggi dovremmo essere qualcosa che assomiglia molto ad una creatura obesa le cui zampe cedono sotto un peso cinque volte superiore alla norma: una creatura che vive costantemente sollevata da terra, a pochi centimetri dalle montagne dei suoi escrementi, pressata su ogni lato dai corpi dei propri simili, in un tempo senza più notti né riposo.
Questa creatura è uno dei 24 miliardi di polli allevati ogni anno sul nostro pianeta. Se a questi si aggiungono bovini, ovini e suini, si stima che il numero di animali allevati al mondo si aggiri intorno ai 70 miliardi di esemplari. Questi, ogni anno, nascono e muoiono per soddisfare, quantomeno idealmente, i nostri palati.
Un recente studio sostiene che la più rilevante traccia dell’Antropocene sia rappresentata dalle ossa dei polli che stiamo allevando. Dietro questi numeri così significativi e sproporzionati rispetto al pur crescente aumento degli umani, c’è un altro numero meno noto: la quantità di gas serra prodotta dall'allevamento intensivo. Secondo molti studi infatti questo è direttamente responsabile del 15% delle emissioni di gas serra, ovvero più dei trasporti, delle industrie metallurgica e siderurgica e molto più delle ottomila discussissime e obsolete centrali a carbone.
Bisognerà pur mangiare, diranno i praticoni... Sì, bisognerà pur mangiare, ma come?